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Burgundi

I Burgundi (Burgundiones) vennero menzionati per la prima volta da Plinio il Vecchio (79 d.C.) come parte del gruppo etnico dei Vandali; nella seconda metà del II secolo Tolomeo li dice vicini orientali dei Semnoni.

Storia iniziale (fino al 436)

I movimenti migratori provocati dai Goti (invasioni barbariche) condussero alcuni gruppi del popolo burgundo al Mar Nero, mentre il grosso della popolazione si stabilì sulla riva sinistra del medio Oder. Attorno al 270 emigranti burgundi entrarono per la prima volta in contatto con i Romani. Alla fine del III secolo, dopo lo sfondamento del limes da parte degli Alemanni (259/260), un buon numero di Burgundi occupò le zone abbandonate della regione fra Reno e Meno. I Burgundi cercarono di allearsi con Roma contro gli Alemanni, ma una spedizione comune fallì nel 369/370, perché l'inatteso ed elevato numero di guerrieri burgundi giunti per combattere fece intravedere ai Romani una grave minaccia. Alla fine del IV secolo i Burgundi scalzarono gli Alemanni dalla regione compresa fra il Taunus e il Neckar e raggiunsero il Reno, superandolo in massa dopo l'incursione di Vandali, Svevi e Alani (406/407). Federati dei Romani con l'incarico di proteggere il limes renano, al comando di Gundicario appoggiarono la rivolta di Giovino (411) nella provincia di Germania Secunda e lo accompagnarono nella Gallia meridionale. Dopo la sua morte (413) ottennero, appunto come federati, «una parte della Gallia vicina al Reno» (il primo regno burgundo, da localizzare probabilmente non sul basso ma sul medio Reno, intorno a Worms). Verso il 430 i Burgundi della riva destra sconfissero un reparto di Unni, ma poco dopo caddero sotto la dominazione di questo popolo, dal quale adottarono l'usanza di deformare artificialmente il cranio. Nel 436 gli Unni, probabilmente alleati di Flavio Ezio, posero fine al regno burgundo di re Gundicario sul medio Reno (vicenda alle origini della leggenda dei Nibelunghi).

Dall'insediamento in Sapaudia (443) al tramonto del regno burgundo (532/534)

I Burgundi
I Burgundi […]

Nel 443 Ezio destinò gli scampati del popolo burgundo alla Sapaudia, una realtà geografica da non confondere con la Savoia, di cui è l'antecedente etimologico: stando a ricerche recenti infatti, potrebbe trattarsi dell'area compresa fra Ain, Rodano, Lemano, Giura e Aar (parte meridionale della Maxima Sequanorum), cioè di un territorio che si estendeva nel bacino dell'Aar fino alla confluenza con il Reno (tre civitates Genava, Colonia Iulia Equestris e Aventicum). In questo modo Ezio puntò, probabilmente, non tanto a frenare l'avanzata degli Alemanni nell'Altopiano svizzero quanto ad assicurare i passi alpini e il collegamento Rodano-Reno, procurandosi inoltre un'ulteriore riserva di truppe per gli scontri in Gallia.

Già nel 451 i Burgundi combatterono gli Unni ai Campi Catalaunici, nei pressi di Troyes. Nel 456, condotti dai loro re Gundioco e Chilperico, menzionato allora per la prima volta, aiutarono l'imperatore Avito contro gli Svevi in Spagna; nel 457 ampliarono il loro territorio verso sud ovest, nell'area fra Rodano e Saona, e nel 461 occuparono definitivamente Lione. Dopo la morte di Gundioco (470), Chilperico proseguì l'espansione verso sud; nel 478 fissò il confine meridionale del regno sul fiume Durance, stipulando un trattato con i Visigoti; a nord scacciò gli Alemanni da Langres e da Besançon. Alla sua morte (480) il regno burgundo, che aveva raggiunto la sua massima estensione, fu spartito fra i suoi quattro figli: Gundobado ricevette il regno principale con Lione capitale, mentre Godigiselo, Chilperico II e Godomaro ereditarono regni minori, con capitali a Ginevra e probabilmente in Francia (Valence, Vienne). Alla fine del V secolo i Burgundi subirono la pressione crescente dei Franchi a nord, e dei Visigoti e degli Ostrogoti a sud. Gundobado cercò di garantirsi la protezione attraverso due matrimoni: quello fra suo figlio Sigismondo e Ariagne, figlia del re ostrogoto Teodorico il Grande (492/494), e quello fra Clotilde, figlia di Chilperico II, e il re franco Clodoveo I (492/493); ma nel 500, in occasione del conflitto che oppose i re di Lione e di Ginevra, i Franchi si schierarono a favore del ginevrino Godigiselo e i Visigoti a favore di Gundobado. Questi, benché sconfitto a Digione (500), uscì vittorioso dallo scontro, recuperando il suo regno con l'aiuto visigoto; nel 506/507 si alleò con l'antico nemico Clodoveo I contro Alemanni e Visigoti, protetti da Teodorico.

Alla morte di Gundobado (516) gli succedette il figlio maggiore, Sigismondo. La conversione di quest'ultimo dall'arianesimo al cattolicesimo fra il 501/502 e il 507 aggravò le tensioni fra Burgundi e Ostrogoti. In questo contesto si colloca anche l'assassinio, voluto da Sigismondo, di Sigerico, suo figlio e nipote di Teodorico, sospettato di complotto con lo stesso Teodorico (522). I re merovingi sfruttarono l'occasione attaccando il regno burgundo e conquistandone la parte settentrionale, mentre Teodorico occupò la zona tra i fiumi Durance e Isère (523). Catturato mentre stava cercando rifugio nel convento di Saint-Maurice, da lui fondato, Sigismondo fu consegnato ai Franchi e fatto uccidere da re Clodomiro. Nel 524 Godomaro, nel frattempo divenuto re, sventò il secondo tentativo merovingio di conquista (battaglia di Vézeronce, a est di Vienne); nel 532 dovette tuttavia soccombere a un nuovo attacco a Autun. Questa sconfitta sancì la fine del regno burgundo, che nel 534 venne diviso tra i sovrani merovingi: a Teodoberto, re di Reims, spettò il nord, comprendente Langres, Besançon, Autun, Chalon, Aventicum-Vindonissa e Octodurus (gli ultimi due nell'odierno territorio svizzero:); Childeberto, re di Parigi, ricevette il centro con Lione, Mâcon, Vienne, Grenoble e forse Ginevra e Tarantasia; il sud (fino alla Durance) finì probabilmente a Clotario, re di Soissons. In seguito l'intero territorio seguì le sorti dell'Impero dei Franchi.

Popolazione e insediamento, archeologia e lingua

Sul numero dei Burgundi insediati in Sapaudia nel 443 le opinioni sono molto divergenti. In passato, alcuni dati – gli 80'000 guerrieri che sarebbero giunti in aiuto dei Romani sul Reno nel 370, i 20'000 che sarebbero caduti nel 436, i 3000 che sconfissero gli Unni sulla riva destra del Reno – fecero pensare a un effettivo enorme e a un fenomeno massiccio di migrazione e colonizzazione. Dal confronto con altri gruppi barbarici fatti insediare come federati nell'Impero e dalle stime relative ad altri popoli germanici, invece, risultano cifre molto inferiori, comprese fra 25'000 (di cui 5000 guerrieri) e 5000-10'000 (1000-2000 guerrieri). Sul piano archeologico, lo studio demografico dei cimiteri ha permesso di quantificare gli abitanti del regno burgundo in 300'000-500'000 (di cui 80'000-100'000 nella Svizzera occidentale), su un'estensione complessiva di ca. 50'000-60'000 km2. I Burgundi costituivano fra il 10% e il 35% ca. della popolazione nella Sapaudia, e al massimo il 5-10%, al minimo meno dell'1% della popolazione dell'intero regno.

In base alle norme previste per gli acquartieramenti delle truppe romane, è probabile che i reparti burgundi venissero accolti come hospites (ospiti) nella Sapaudia (443) e nella provincia Lugdunensis (457). Questo sistema di acquartieramento sembra essere stato sostituito dapprima da un procedimento che prevedeva la cessione di quote fiscali, senza la modifica della proprietà fondiaria, e in seguito a una cessione dei beni immobili, rispecchiata dalle norme della lex Burgundionum (legge borgognona), secondo cui ai Burgundi spettavano due terzi dei campi, un terzo degli schiavi e la metà di case, fattorie, orti e terreni boschivi o pascolivi.

Fibula a testa d'uccello, proveniente dalla località En Vaudallaz a Lavigny (Musée cantonal d'archéologie et d'histoire, Losanna; fotografia Fibbi-Aeppli, Grandson).
Fibula a testa d'uccello, proveniente dalla località En Vaudallaz a Lavigny (Musée cantonal d'archéologie et d'histoire, Losanna; fotografia Fibbi-Aeppli, Grandson).
Spilla in bronzo, almandino e avorio proveniente dalla tomba 144 a Saint-Sulpice nel canton Vaud (Musée cantonal d'archéologie et d'histoire, Losanna; fotografia Yves André).
Spilla in bronzo, almandino e avorio proveniente dalla tomba 144 a Saint-Sulpice nel canton Vaud (Musée cantonal d'archéologie et d'histoire, Losanna; fotografia Yves André).

L'integrazione estremamente rapida dei Burgundi con le popolazioni romanze e la mancanza di un proprio artigianato originale rendono difficile una loro identificazione secondo criteri archeologici. Occorre separare rigorosamente il territorio a loro soggetto sul piano politico (che dopo l'espansione del V secolo finì con l'essere composto da 32 civitates), la loro orbita culturale (che, specialmente nel periodo merovingio, manifesta particolarità di abbigliamento tipiche dell'area culturale romano-burgunda) e l'area più ristretta abitata da gruppi burgundi, la cui presenza è dimostrata archeologicamente soprattutto nella zona intorno a Ginevra o nella Sapaudia. Caratteristici sono gli antichi monili germanici (fibbie ad archetto e a testa d'uccello), i collari in ferro, gli orecchini a cestello; ad essi si aggiungono specchi metallici di origine orientale e crani deformati artificialmente, fatti risalire ai contatti che i Burgundi ebbero con gli Unni. Le necropoli di Sézegnin e di Monnet-la-Ville dimostrano che Burgundi e popolazione romanza venivano sepolti negli stessi cimiteri. I reperti altomedievali non possono essere classificati come specificamente burgundi bensì, come nel caso del fermaglio di reliquiario trovato a Monnet-la-Ville, presentano elementi tipici – fra cui le fibbie di cintura in bronzo recanti figure (rappresentanti Daniele nella fossa dei leoni) – che di solito si ritrovano in epoca franca nella Burgundia settentrionale, cioè nell'Altopiano svizzero occidentale, nel Giura, lungo la Saona e nella Franca Contea. Questi oggetti vennero probabilmente fabbricati in officine indigene gallo-romane, il che consente di definire un'area di cultura romanza nella Burgundia settentrionale. Gruppi burgundi sono segnalati nell'area della Sapaudia meridionale e presso le città del Rodano anche da iscrizioni risalenti alla dominazione burgunda, con nomi germanici (spesso burgundi).

Elementi di un corredo funebre provenienti da una tomba di donna (tomba 57, Sur-les-Mausannes) a Saint-Sulpice (VD) datata 450/470 (Musée cantonal d'archéologie et d'histoire, Losanna; fotografia Yves André).
Elementi di un corredo funebre provenienti da una tomba di donna (tomba 57, Sur-les-Mausannes) a Saint-Sulpice (VD) datata 450/470 (Musée cantonal d'archéologie et d'histoire, Losanna; fotografia Yves André). […]

Difficilmente valutabili sono gli effetti dell'insediamento o del dominio burgundo sulla lingua romanza. Quanto alla lingua burgunda, le poche fonti non consentono di classificare con certezza il burgundo nel gruppo germanico orientale oppure in quello occidentale; alcune analogie con il gotico vengono spiegate con la comune origine dal germanico settentrionale. I tentativi di ricostruire un vocabolario burgundo partendo dai nomi di persona a noi trasmessi e una grammatica burgunda dal franco-provenzale non hanno incontrato i favori dei linguisti; pure respinta è la tesi secondo cui i toponimi in -ens o -ans (< ingos) sono di origine burgunda e quelli in -enge(s) e -ange(s) (< ingas) di origine franca e alemanna; lo stesso vale per la derivazione della maggior parte dei termini giuridici di presunta origine burgunda e per ca. 50-70 parole burgunde che sarebbero state riprese dal franco-provenzale. Visto che i toponimi caratteristici in -ingen, con le loro varianti, non possono essere assegnati con certezza a gruppi etnici precisi, ma solo collocati nel contesto più ampio della colonizzazione dell'epoca merovingia (VI-VII secolo), non si può neanche risalire ad essi per provare un influsso diretto dei Burgundi sulla formazione del confine linguistico franco-tedesco nella Svizzera occidentale; tutt'al più la diffusione dei nomi in -ingos fino alla Sarina e nel Giura bernese sudoccidentale è segno di «una sopravvivenza linguistica di elementi burgundi nelle parlate romanze» (Stefan Sonderegger).

Istituzioni e diritto, struttura sociale ed economia

Il regno burgundo del Rodano non era uno Stato bietnico in senso stretto. Nella raccolta di leggi (ri)pubblicata da re Sigismondo nel 517, basata sulla legislazione di suo padre Gundobado (Liber Constitutionumlex Burgundionum), la distinzione etnica fra Burgundiones e Romani appare solo nelle disposizioni relative all'insediamento e all'integrazione dei nuovi gruppi etnici nelle province romane. La lex Romana Burgundionum, anch'essa probabilmente redatta sotto Sigismondo, era concepita più come riassunto maneggevole del diritto provinciale romano e come completamento del Liber Constitutionum che come Codice dei «Romani». Nel regno burgundo, Burgundi e cosiddetti Romani avevano gli stessi diritti e avevano le stesse possibilità di prestare servizio militare e di accedere a funzioni amministrative e giudiziarie in qualità di comites e iudices; i matrimoni misti erano permessi e le due comunità erano sottoposte alla medesima gerarchia sociale. L'insediamento dei Burgundi non comportò grossi cambiamenti né a livello di struttura sociale ed economica, né a livello di tecnica e produzione agraria. Non è ancora possibile determinare se lo sviluppo delle costruzioni in legno, riscontrabile anche negli edifici sacri della Ginevra del VI secolo, possa essere fatto risalire a un'arte edilizia tradizionalmente esercitata o dai Burgundi in generale o da quelli stabiliti sulla riva destra del Reno nel V secolo, oppure non sia l'indice di un cambiamento economico generale. Anche l'artigianato rimase con tutta probabilità legato alla condizione servile, sebbene i diversi guidrigildi indichino una valorizzazione sociale dei mestieri inerenti alla lavorazione dei metalli. La qualità dei prodotti di questi artigiani, in particolare dei fermagli di cinture e di reliquiari della Burgundia settentrionale, evidenziano le tradizioni di bottega galloromane e i legami con l'area mediterranea. Nelle transazioni in denaro i Burgundi usavano monete che imitavano volutamente i solidi e i tremissi dell'Imperatore romano d'Oriente, contraddistinte solo dai monogrammi dei loro re; tali monete erano coniate nella capitale, Lione, e, a quanto sembra, anche a Valence e a Ginevra, sedi dei regni minori.

L'assimilazione dei Burgundi fu indubbiamente favorita dall'uguaglianza giuridica e sociale e dalla doppia funzione che rivestivano i re burgundi. I sovrani della seconda dinastia (forse di origine visigota) erano da un lato dignitari romani (magistri militum, patricii), incaricati dall'Imperatore di proteggere i Romani residenti nel loro territorio, dall'altro anche re dei Burgundi (reges Burgundionum). Il trasferimento della residenza da Ginevra a Lione sotto Gundioco (461 ca.) non comportò, come presso i Merovingi, una divisione del regno con suo fratello Chilperico, ma gettò le basi per un sistema che prevedeva un re principale, residente a Lione, e altri sovrani minori, assolutamente autonomi nell'amministrazione interna, con sede a Ginevra (Chilperico I, Godigiselo, Sigismondo). Sembra che le lotte fratricide tra Godigiselo e Gundobado causarono un incendio che distrusse Ginevra attorno al 500. Benché un'iscrizione di poco posteriore annunci il restauro delle mura cittadine per merito di Gundobado, il vero sostenitore della ricostruzione fu Sigismondo, sotto il cui regno venne ampliata la chiesa cattedrale di S. Pietro e vennero costruite diverse chiese nella periferia della città. Oltre alle sedi ufficiali, poche altre località ospitarono i re burgundi: Carouge (GE), dove Sigismondo assunse il titolo regale, e Ambérieu-en-Bugey, dove Gundobado (501) e Godomaro (524) emanarono leggi in occasione di Diete regie. Esponenti galloromani appartenenti alla nobiltà senatoriale guidarono, fin dall'inizio, l'amministrazione del regno: basti pensare a Siagrio che, sotto Chilperico I, venne definito «nuovo Solone burgundo» (novus Burgundionum Solon) da Sidonio Apollinare. Crollato l'ordinamento provinciale romano, le civitates sopravvissero come elementi centrali dell'amministrazione locale, guidate da comites burgundi o galloromani. All'epoca della massima estensione il regno burgundo ne comprendeva 32, distribuite fra le province di Lugdunensis Prima, Maxima Sequanorum, Viennensis, Narbonensis Secunda, Alpes Graiae e Alpes Maritimae (a nord della Durance).

Cristianizzazione, arianesimo e cattolicesimo

Stando alle affermazioni concordi, ma contestate, di due storici tardoantichi della Chiesa, Orosio e Socrate, i Burgundi del medio Reno e quelli insediati sulla riva destra del fiume erano, almeno in parte, cristiani cattolici. Erano invece ariani i re della seconda dinastia (sicuramente Gundobado, Sigismondo, Godomaro, prima della conversione, e Godigiselo), forse per l'origine visigota che Gregorio di Tours assegna loro, o per la loro volontà di allinearsi alla politica religiosa dei Visigoti. Visto però che molte donne della casa reale erano cattoliche (Caretene, Sedeleuba/Crona, Clotilde) e che il burgundo Hymnemodus fu abate a Grigny (presso Vienne) e a Saint-Maurice, si può ritenere che nel V secolo molti Burgundi fossero cattolici, mentre i re e l'élite della generazione di Gundioco e Gundobado erano ariani per considerazioni di ordine politico. La Chiesa ariana era interamente soggetta alla sorveglianza dei re; oltre agli ariani esistevano, ad esempio a Ginevra, i bonosiani, sostenitori di una cristologia adozionista. Benché non mancassero le conversioni forzate di chiese cattoliche in ariane, perfino sotto i re ariani la Chiesa cattolica non solo fu tollerata, ma venne anche aiutata. Già nel 463 re Gundioco fu coinvolto da papa Ilario in questioni ecclesiastiche a Die; Chilperico I, invece, dotò di beni il convento di Saint-Claude (Giura francese). Intorno al 500 la figlia di Chilperico II, Sedeleuba, trasferì da Soletta a Ginevra le ossa di Vittorio, martire ucciso con la Legione tebana. L'influsso di Avito fu molto forte su Gundobado e Sigismondo; fra il 502 e il 507 quest'ultimo, seguito poco dopo dal fratello Godomaro, si convertì al cattolicesimo. Solerte difensore della Chiesa cattolica, si recò a Roma per incontrare papa Simmaco (514) e ne riportò molte reliquie, che distribuì nel regno burgundo; a Ginevra ripristinò la chiesa distrutta nella guerra fratricida del 500/501. Nel 515 lo stesso Sigismondo fondò ad Acaunum, presso il sepolcro di S. Maurizio, l'abbazia di Saint-Maurice, che dotò di ricchi possedimenti in Vallese, nel Paese di Vaud e in territorio burgundo; sul modello bizantino vi istituì la laus perennis (salmodiare perpetuo), in seguito ripresa da molti conventi della Gallia. Nel 517 i vescovi dell'area soggetta a Sigismondo si riunirono a Epaone (forse Saint-Romain d'Albon, a sud di Vienne) in quello che si può considerare un Concilio regio, alla pari del sinodo visigoto di Agde (506) e di quello franco di Orléans (511); il fatto che fra i 24 vescovi signatari degli atti vi fossero quelli di Besançon, Vindonissa, Ginevra, Octodurus e Tarantasia, porta a pensare che allora l'intera regione fra il Lemano e l'alto Reno fosse compresa nel regno burgundo.

Influssi successivi

Il termine «Burgundia», risalente ai Burgundi, ricorre in diverse forme: nel regno franco-merovingio, nei regni della bassa e dell'alta Burgundia o Borgogna (IX secolo), nella Borgogna (X-XI secolo), nel ducato, nella contea (Franca Contea) e nei langraviati di Borgogna, nella cosiddetta Confederazione borgognona del basso e tardo Medioevo e nell'odierna regione francese della Borgogna. Il nome potrebbe quindi essere stato fonte di una coscienza regionale, ma senza che l'origine etnica vi abbia svolto un ruolo decisivo. Già a metà dell'VIII secolo l'espressione gens Burgundionum indicava l'intera popolazione del regno franco. Solo alcuni membri dell'alta nobiltà sembra abbiano avuto coscienza, nel VII secolo, di appartenere al lignaggio burgundo, come dimostrano le fazioni definite «veteroburgunde» nelle lotte nobiliari di epoca tardomerovingia. Il regno burgundo sopravvisse idealmente nella figura di Sigismondo, venerato come martire fin dal VI secolo; nel 535/536 i monaci del convento da lui fondato a Saint-Maurice trasferirono le sue spoglie nella loro cappella di S. Giovanni (oggi di S. Sigismondo), da dove il culto del primo re canonizzato del Medioevo si diffuse nella Svizzera e nelle regioni confinanti specialmente a partire dall'XI secolo.

Riferimenti bibliografici

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Link

Suggerimento di citazione

Reinhold Kaiser: "Burgundi", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 09.10.2006(traduzione dal tedesco). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/008028/2006-10-09/, consultato il 28.03.2024.